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Il Mercato Food & Beverage nel 2025

Il Mercato Food & Beverage nel 2025: Una Trasformazione in Corso

Il settore alimentare italiano sta attraversando una fase di profonda metamorfosi nel 2025, con dinamiche di mercato che richiedono una nuova interpretazione del concetto di qualità e specializzazione. In questo scenario complesso, emerge con chiarezza come le sfide attuali stiano ridisegnando il panorama competitivo del food & beverage, specialmente nel segmento premium. I primi mesi del 2025 hanno evidenziato una realtà in rapida trasformazione. Il mercato food & beverage italiano, tradizionalmente caratterizzato da un’elevata specializzazione e professionalità, sta affrontando cambiamenti significativi nelle dinamiche competitive e nelle esigenze dei consumatori. La domanda si sta evolvendo in direzioni inedite, richiedendo agli operatori del settore una capacità di adattamento senza precedenti.In questo contesto, Mangify si distingue nel panorama del food & beverage italiano grazie a un approccio fondato sulla profonda specializzazione e sulla ricerca costante dell’eccellenza. L’azienda ha costruito la propria identità attorno a una filosofia che privilegia la qualità e la personalizzazione del servizio, ponendosi come punto di riferimento per un segmento di mercato che ricerca prodotti di alta gamma.Il settore sta assistendo a una trasformazione significativa delle strategie competitive. Sempre più aziende, anche quelle tradizionalmente focalizzate su altri segmenti del food & beverage, stanno cercando di diversificare la propria offerta, entrando in nicchie di mercato già consolidate. Questa tendenza ha portato a una saturazione di alcuni segmenti, con ripercussioni sulla qualità complessiva dell’offerta e sulla professionalità del settore. La proliferazione di operatori non specializzati sta generando una crescente confusione nel mercato, con conseguenze significative sulla distribuzione dei prodotti e sulla percezione del valore da parte dei consumatori. Si assiste a una progressiva erosione degli standard professionali, con una diminuzione della presenza di specialisti del settore e un’intensificazione della competizione basata principalmente sul prezzo piuttosto che sulla qualità.In risposta a queste sfide, Mangify ha scelto di rafforzare ulteriormente il proprio posizionamento distintivo. L’azienda osserva con interesse come i competitor più grandi stiano cercando di replicare i suoi prodotti di successo, interpretando questo fenomeno come una conferma della validità del proprio approccio. Anziché cedere alla tentazione di una diversificazione generalista, Mangify ha deciso di investire ulteriormente nella specializzazione e nell’innalzamento degli standard qualitativi. La strategia di Mangify per il 2025 si basa su un delicato equilibrio tra innovazione e tradizione. L’azienda continua a sviluppare nuovi prodotti e promozioni mirate, mantenendo sempre fermo il focus sulla qualità e sulla specializzazione che l’hanno resa un punto di riferimento nel settore. Questo approccio permette di rispondere alle nuove esigenze del mercato senza compromettere l’identità e i valori fondamentali dell’azienda.Il futuro del mercato food & beverage italiano si presenta ricco di sfide ma anche di opportunità per chi saprà interpretare correttamente le dinamiche in atto. La vera expertise nel settore alimentare, quella che deriva da anni di specializzazione e dedizione costante, non può essere facilmente replicata da chi punta esclusivamente sulla diversificazione del catalogo.In questo senso, la pressione competitiva attuale può trasformarsi in un’opportunità per le aziende che, come Mangify, hanno fatto della qualità e della specializzazione il proprio tratto distintivo. La sfida per il futuro sarà quella di continuare a innovare mantenendo saldi i principi di qualità e professionalità che hanno sempre caratterizzato il mercato food & beverage italiano di alta gamma. Solo attraverso un impegno costante nella ricerca dell’eccellenza sarà possibile non solo sopravvivere, ma prosperare in un mercato sempre più competitivo e complesso.

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Richiamo dei prodotti alimentari: perché i supermercati stanno ritirando sempre più prodotti?

Negli ultimi tempi, il numero di richiami di prodotti alimentari sugli scaffali dei supermercati è aumentato drasticamente. Contaminazioni, errori di etichettatura e problemi nella produzione sono solo alcune delle cause principali. Ma cosa sta succedendo realmente? E quali sono i rischi per i consumatori?

Perché ci sono così tanti richiami alimentari?

Uno dei principali motivi alla base di questo fenomeno è la crescente pressione del mercato. La domanda di prodotti alimentari è in costante aumento e molte aziende fanno fatica a tenere il passo.

Per soddisfare le richieste, le imprese spesso accelerano i processi produttivi. Questo porta a un inevitabile compromesso: saltare alcune fasi fondamentali della produzione, con conseguenze gravi sulla qualità e la sicurezza del prodotto.

Errori comuni che portano ai richiami includono:

Contaminazioni batteriche (come Salmonella o Listeria).

Etichettature errate (ad esempio, allergeni non dichiarati).

Problemi di conservazione dovuti a processi incompleti o materiali inadeguati.

Il mercato alimentare italiano: un paradosso di qualità e quantità

L’Italia è riconosciuta a livello mondiale per la qualità del suo settore alimentare. Tuttavia, quando la domanda supera la capacità produttiva, molte aziende si trovano a dover scegliere tra qualità e quantità.

Questa pressione rischia di compromettere i valori che contraddistinguono il mercato italiano: eccellenza, tradizione e sicurezza. Le aziende, nel tentativo di non perdere competitività, accelerano i tempi di produzione o si affidano a fornitori meno controllati, aumentando così il rischio di problemi.

Le conseguenze per i consumatori

I continui richiami alimentari hanno un impatto diretto sui consumatori. La fiducia, elemento chiave nel rapporto con i marchi alimentari, viene messa a dura prova. Inoltre, la ripetitività di questi episodi solleva dubbi sulla sicurezza dei prodotti che acquistiamo quotidianamente.

Cosa possono fare i consumatori per proteggersi?

Informarsi da fonti affidabili.

Prestare attenzione alle comunicazioni ufficiali.

Scegliere marchi che garantiscono trasparenza e qualità.

Un riferimento importante per rimanere aggiornati sui richiami alimentari è il sito del Ministero della Salute, che pubblica regolarmente le liste dei prodotti ritirati.

Consulta qui il sito ufficiale del Ministero della Salute: www.salute.gov.it

Come possono migliorare le aziende?

Per evitare richiami e garantire la qualità, le aziende del settore alimentare devono adottare alcune strategie chiave:
Investire nella tecnologia per migliorare i controlli durante ogni fase della produzione.
Formare adeguatamente il personale su standard di sicurezza e qualità.
Rispettare i tempi di produzione, anche a costo di ridurre i volumi, per garantire un prodotto sicuro e di alta qualità.

Il problema dei richiami alimentari è un chiaro segnale di un sistema sotto pressione. Tuttavia, rappresenta anche un’opportunità per ripensare il mercato, ponendo nuovamente al centro qualità e sicurezza.
I consumatori hanno il diritto di avere accesso a prodotti sicuri e genuini. Allo stesso tempo, le aziende devono fare la loro parte, investendo in processi più sostenibili e trasparenti.
Ricorda: affidati sempre a fonti ufficiali come il sito del Ministero della Salute per rimanere informato e fare acquisti consapevoli.

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Dal calice alla bottiglia : il vino italiano davanti alla sfida del cambiamento

l vino, simbolo della tradizione enogastronomica italiana, è da sempre protagonista sulle tavole del nostro Paese e ambasciatore della qualità italiana nel mondo. Tuttavia, questo settore sta affrontando una crisi profonda, con un calo delle vendite che mette in difficoltà produttori, ristoratori e l’intera filiera. Le cause principali? Nuove normative del Codice della Strada, rincari dei prezzi e cambiamenti nei consumi. Ma quali soluzioni possiamo adottare per rilanciare il vino e preservare questa eccellenza?
Negli ultimi anni, il nuovo Codice della Strada ha introdotto regole più rigide sul consumo di alcol per chi guida. Questo ha portato molti consumatori a ridurre o eliminare il vino dai pasti fuori casa, preferendo magari un solo calice al posto della classica bottiglia.
Un altro fattore è l’aumento dei costi: inflazione e rincari hanno fatto lievitare i prezzi del vino sia nei ristoranti che nei supermercati, rendendolo sempre meno accessibile. Per molte famiglie italiane, costrette a ridurre le spese, il vino è diventato un lusso, spingendole a orientarsi verso prodotti più economici o a rinunciare del tutto.
Una possibile risposta a queste difficoltà potrebbe essere il vino dealcolato, che negli ultimi anni ha trovato mercato soprattutto all’estero. Tuttavia, in Italia questa soluzione fatica a decollare: il vino, nella nostra cultura, è legato a tradizioni profonde, e la sua autenticità è strettamente connessa alle sue caratteristiche naturali, al sapore e alla gradazione alcolica.
Il vino dealcolato, dunque, rischia di essere percepito come un compromesso che non soddisfa né i produttori né i consumatori italiani. Per quanto possa rappresentare un’opzione per alcuni mercati esteri, difficilmente potrà sostituire il vino tradizionale nelle abitudini dei consumatori italiani.
Per rilanciare il settore vinicolo, è necessario adottare strategie innovative e mirate. personalmente ne ho pensate alcune :
1. Servizi di trasporto gratuiti: In collaborazione con i comuni e le associazioni di commercianti, si potrebbero organizzare servizi navetta gratuiti per i clienti dei ristoranti. Questo permetterebbe di incentivare il consumo di vino senza il rischio di violare le normative sul Codice della Strada.
2. Educazione al consumo responsabile: Sensibilizzare i giovani sull’importanza del vino come prodotto di qualità e tradizione può aiutarli a preferirlo rispetto ai superalcolici, spesso più nocivi. Campagne di educazione e degustazioni guidate potrebbero avvicinare le nuove generazioni al mondo del vino, insegnando loro a consumarlo in modo consapevole.
3. Promozione del vino italiano: Incentivare l’acquisto di vino locale, attraverso eventi, fiere e iniziative dedicate al turismo enogastronomico, può aiutare a rafforzare il legame tra i consumatori e le eccellenze del territorio.
La domanda che tutti si pongono è se questa crisi sia destinata a risolversi o se rappresenti un cambiamento definitivo nei consumi. Senza interventi mirati, il rischio è che il vino diventi sempre più un bene di lusso, riservato a pochi. Tuttavia, con il giusto supporto, l’Italia può continuare a essere un punto di riferimento mondiale per il vino, preservandolo come protagonista delle tavole, sia in casa che al ristorante.
Le mie conclusioni :
Il vino è parte integrante della nostra identità culturale e non possiamo permettere che venga messo in secondo piano. Personalmente, ritengo che sia essenziale trovare un equilibrio tra rispetto delle normative e valorizzazione delle tradizioni. Limitare il consumo fuori casa a un calice può essere una soluzione temporanea, ma dobbiamo continuare a sostenere i produttori e promuovere il vino italiano di qualità.
Il vino dealcolato, sebbene abbia un mercato di nicchia, non rappresenta una vera alternativa per l’Italia. Piuttosto, è fondamentale puntare su strategie che rispettino l’essenza del vino, come servizi di trasporto dedicati, campagne educative per i giovani e iniziative per il turismo enogastronomico.
In definitiva, il vino non è solo una bevanda: è cultura, territorio e passione. È un simbolo del nostro passato e una risorsa per il futuro. Sta a noi proteggerlo e garantirgli un posto centrale nella nostra vita quotidiana, preservandone il valore e l’autenticità.
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Burro o margarina ? La scelta che cambia il gusto

Burro, margarina e dolci delle feste: prezzi alle stelle anche dopo Natale 

L’aumento dei prezzi di burro e margarina non si è fermato neanche dopo le festività natalizie, e le conseguenze si fanno sentire su tutta la filiera alimentare, dalla cucina domestica alla pasticceria professionale. I consumatori, già provati dai rincari sui pandori e panettoni durante il Natale, si trovano ora a fare i conti con costi sempre più alti anche per i prodotti quotidiani.

Il burro, da sempre considerato un ingrediente di qualità superiore per la pasticceria, è stato il primo a subire i rincari, con un impatto diretto sul costo finale dei prodotti. Di fronte a questa situazione, molte pasticcerie hanno dovuto compiere scelte difficili: mantenere il burro nei propri prodotti, accettando un aumento dei prezzi per i clienti, o optare per la margarina, un’alternativa più economica ma con un impatto significativo sul gusto e sulla consistenza.

La margarina, infatti, offre una maggiore stabilità nei costi e una resa più economica, ma il suo utilizzo può alterare il sapore finale dei dolci, rendendoli meno ricchi e aromatici. Questa decisione, pur necessaria per molti laboratori artigianali, ha suscitato il malcontento di alcuni clienti più attenti alla qualità. Tuttavia, altre pasticcerie hanno scelto di mantenere il burro come ingrediente principale, assumendosi il rischio di vendere prodotti a prezzi più elevati per non compromettere la loro identità di qualità.

Anche aziende come Mangify, specializzate nella selezione e distribuzione di prodotti alimentari, si trovano a dover affrontare nuove difficoltà. La necessità di essere ancora più precise nella scelta dei fornitori e degli ingredienti si scontra con un mercato sempre più imprevedibile. Mangify deve bilanciare il desiderio di offrire prodotti di qualità con la sostenibilità economica per i propri clienti.

Questa situazione complessa sta spingendo l’azienda a rivalutare le proprie strategie, cercando di identificare fornitori affidabili che possano garantire qualità costante a costi competitivi, senza scendere a compromessi sul gusto e la soddisfazione del consumatore finale.

I rincari non hanno risparmiato neanche i dolci simbolo delle festività. Durante il Natale 2024, il prezzo di pandori e panettoni è aumentato fino al 20%, costringendo molti consumatori a rivedere le loro scelte. Anche dopo le feste, le scorte residue, che di solito venivano vendute a prezzi ribassati, quest’anno risultano meno convenienti.

Con i prezzi di burro e margarina destinati a rimanere alti almeno per i prossimi mesi, il settore alimentare si trova di fronte a una sfida che richiede soluzioni innovative. Pasticcerie, distributori e consumatori sono chiamati a trovare un nuovo equilibrio tra qualità, gusto e sostenibilità economica

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Aumenti generali nel settore alimentare

Gli Aumenti nel Settore Alimentare: Una Sfida per Produttori, Consumatori e il Mercato Dolciario

Negli ultimi anni, il settore alimentare ha subito una serie di trasformazioni significative, causate principalmente dagli aumenti di prezzo che hanno disorientato produttori e consumatori. Le dinamiche di mercato si sono complicate, mettendo a dura prova la stabilità economica di molte aziende e famiglie italiane.

Mangify, una realtà consolidata nella distribuzione dolciaria da cinque anni, è un esempio emblematico di come il mercato sia stato colpito da queste fluttuazioni. Dal 2020, i prezzi dei prodotti di pasticceria hanno subito aumenti costanti, che inizialmente potevano sembrare modesti – come un incremento di 5 centesimi – ma che, moltiplicandosi ogni tre mesi dal 2020 al 2022, hanno creato grande incertezza tra produttori e consumatori.

Un 2023 di Breve Stabilità e Nuove Sfide

Dopo due anni di rincari regolari, il 2023 sembrava offrire una tregua: i prezzi si sono stabilizzati, permettendo a molte aziende di tirare un sospiro di sollievo. Tuttavia, questa calma apparente è stata spezzata negli ultimi mesi dell’anno, proprio sotto le festività natalizie, con nuovi aumenti significativi:

Dal 1° novembre, i prezzi di diversi prodotti dolciari hanno subito un ulteriore incremento.

Dal 1° dicembre, l’aumento si è esteso anche ai prodotti tipici delle festività, come pandori e panettoni, con un rincaro del 20%.

L’impatto di questi aumenti si è fatto sentire soprattutto sulle vendite natalizie, che hanno registrato un lieve calo rispetto agli anni precedenti. Nonostante la qualità dei prodotti e l’impegno delle aziende nel mantenere un rapporto diretto con i clienti, il peso economico per i consumatori è diventato evidente.

Una Prospettiva per il 2025: Incertezze e Timori

Con l’arrivo del 2025, le domande sul futuro del mercato alimentare si fanno sempre più pressanti:

1. Ci saranno nuovi aumenti?
Le dinamiche globali – tra crisi energetiche, inflazione e instabilità economica – fanno presagire che ulteriori rincari potrebbero essere inevitabili.

2. Quale sarà l’impatto sui consumatori?
Con gli stipendi che rimangono invariati, molte famiglie italiane stanno già affrontando difficoltà crescenti nel sostenere il costo della vita. I beni alimentari, che rappresentano una voce essenziale del bilancio familiare, rischiano di diventare un lusso per molti.

3. Quale sarà la risposta del mercato?
I produttori, da parte loro, stanno cercando di bilanciare l’esigenza di mantenere prezzi competitivi con la necessità di garantire margini di profitto. Tuttavia, il ricorso a sconti del 5-20%, come accaduto negli ultimi anni, non sempre è sufficiente per sostenere le vendite in un contesto di continuo aumento dei costi di produzione.

Visitando personalmente i supermercati, emerge un quadro chiaro: i prezzi dei prodotti alimentari sono cresciuti sensibilmente rispetto all’anno precedente. Gli aumenti si riflettono non solo nei prodotti dolciari, ma in tutto il comparto alimentare, aumentando il divario tra ciò che le famiglie possono permettersi e ciò di cui avrebbero realmente bisogno.

Le prospettive per il 2025 rimangono incerte. Per aziende come Mangify, la sfida sarà quella di trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e accessibilità per i consumatori. Per le famiglie italiane, invece, la domanda cruciale è: come andare avanti se gli stipendi rimangono invariati e i prezzi continuano a salire?

Nel lungo periodo, sarà fondamentale che istituzioni, produttori e distributori collaborino per affrontare questa crisi. Solo così si potrà garantire un mercato più equo e sostenibile, che rispetti le esigenze di tutti gli attori coinvolti.

Il settore alimentare, e in particolare quello dolciario, si trova di fronte a un bivio. Il 2025 sarà un anno decisivo per determinare le sorti di questo mercato, ma la strada da percorrere non sarà priva di ostacoli. L’unica certezza è che produttori, distributori e consumatori dovranno affrontare insieme queste sfide, cercando soluzioni che possano garantire un futuro più stabile e accessibile per tutti.

 

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Pistacchio : moda passeggera, o eccellenza duratura ?

Non c’è dubbio il motivo per cui mi sono spinta a fare questo articolo e a fare delle ricerche sul pistacchio è solo il mio profondo amore per questo frutto. La mia non è il seguire una moda, ma è una vera dipendenza fin da piccola partendo dalla merenda con gelato: il pistacchio era il mio gusto preferito.

Con il tempo poi uno cresce e inizia ad affinare le esigenze la bustina di pistacchi per una merenda, la granella di pistacchio nei primi piatti, il pesto di pistacchio nei secondi piatti usato al posto della maionese, e nei panini mordi e fuggi , la crema spalmabile nelle brioches, sono ormai presenza costante.

Senza ombra di dubbio non solo a casa mia iniziava ad entrare questo frutto in ogni sua essenza, ma nelle case di tanti italiani diventando sotto tanti punti di vista, un prodotto leader nel settore food e dolciario.

In Italia quello più conosciuto è quello di Bronte coltivato nelle pendici dell’Etna, nella nostra bella Sicilia, riconosciuto anche come prodotto DOP (Denominazione di origine protetta). Attenzione però: per essere sicuri che sia veramente di Bronte bisogna controllare l’etichetta: se c’è la dicitura “Pistacchio Verde di Bronte DOP “ andiamo sul sicuro. La presenza del Pistacchio di Bronte sminuisce però un’altra regione che produce dell’ottimo pistacchio in Italia, ovvero Stigliano in Basilicata. Qui la produzione ha un inizio molto più recente, risale agli anni 90, ma questo non vuol dire che non sia di ottima qualità.

Ho voluto approfondire per capire se fosse moda oppure un’ eccellenza duratura, difficile prevedere, negli anni ho visto costruire dei veri e propri business dietro a realtà che poi col tempo sono sparite, perchè nel mercato arrivano sempre idee nuove, quindi solo il tempo ci racconterà cosa succederà a questo incredibile frutto.

Nelle mie ricerche ho appurato che di recente il pistacchio è diventato una vera e propria icona del food.

Dai gelati alle creme spalmabili, passando per dolci, drink e persino piatti salati,  ma è davvero una moda passeggera o il pistacchio si sta consolidando come uno dei gusti preferiti da molti ?

Inutile negare che il pistacchio sia ai vertici delle classifiche nel panorama gastronomico e che sia oggi un prodotto di punta per molte aziende, diventando così il prodotto “civetta“. Mi piace però sottolineare che i consumatori sono esigenti e si accorgono molto velocemente se li stai ingannando, perchè a volte il troppo business può far cadere una stella.

Come ogni cosa che raggiunge  popolarità,  il rischio è che si abusi del pistacchio. Non tutti i prodotti al pistacchio contengono infatti una quantità significativa del frutto, e spesso aromi artificiali ne alterano il gusto. Questo potrebbe portare a una saturazione del mercato, allontanando i consumatori più attenti.

Una cosa però va detta: nonostante la paura del trend passeggero, il pistacchio ha conquistato tutto il mondo inserendosi in ricette tradizionali, grazie alla sua versatilità in ogni piatto, dall’antipasto ai primi piatti, secondi piatti di carne e pesce, diventando un leader in assoluto nei dolci, senza dimenticare che è ricco di proprietà benefiche, come vitamine, minerali e grassi sani.

Un gusto destinato a restare? Assolutamente si, oggi vive di popolarità, ma il suo successo è radicato in qualità reali, con un sapore unico, una storia antica e una capacità di adattarsi in ogni contesto. Mi piace pensare che rimarrà nel tempo e che continuerà ad essere un’eccellenza italiana conosciuta in tutto il mondo.

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Prodotto artiginale cosa significa

Mi sono chiesta spesso come mai la parola artigianale fosse così usata nel mondo del food & beverage: ogni cosa che riguarda il cibo è artigianale. Anche io nel mio disco vendita inserisco la parola artigianale in ogni mia frase, con lo scopo di dare valore aggiunto a quel prodotto che sto vendendo. Soprattutto se ho pochi minuti per convincere il cliente che quel prodotto vale la pena di essere acquistato.

Partiamo dal presupposto che, se decido di vendere un prodotto, la prima ad essere convinta sono io, perché il prodotto l’ho studiato, ho contatti diretti con l’azienda che mi ha raccontato la sua storia, la sua filosofia, come il prodotto viene concepito e prodotto o e solo dopo l’assaggio se mi piace, lo inserisco nel mio catalogo.

Quando si ha un’azienda come la mia, l’approccio con il cliente è delicato, primo perchè hai prodotti di medio/alta qualità, poi perchè la concorrenza è come un falco in attesa della sua preda, infine il servizio e i tempi di consegna sono fondamentali.

Per questo per me è fondamentale far capire al cliente in quei tre minuti che il mio prodotto vale, ma soprattutto è artigianale.

Ma cosa vuol dire artigianale davvero?

Secondo me, è la parola che racchiude il significato di qualità, fatto a mano, genuino, fatto con ricette tradizionali, prodotto con ingredienti di qualità, prodotto a mano, prodotto da micro aziende, insomma in una parola racchiudo tanti spunti per il cliente, per potersi fidare del prodotto che gli sto proponendo.

Ma perchè adesso tutto è artigianale, ma poi sarà veramente artigianale?

Ho deciso quindi di fare ricerche piu’ approfondite sull’argomento per capire cosa potesse sfuggirmi.

Come pensavo la parola artigianale significa prodotto a mano senza aiuto di macchinari, produzione limitata, prodotto unico a volte simile ma non identico all’altro simile, aggiungendo le mie osservazioni fatte sopra.

In Italia pero’ nel mondo del food & beverage non essendoci una vera classificazione, si è liberi di dare a quello che si produce la denominazione  artigianale in maniera approssimativa.

Per questo la parola artigianale spopola ovunque senza nemmeno dare una  vera classificazione, perdendo secondo me un pò il valore di quello che realmente di buono e veramente artigianale c’è, e rendendo il consumatore diffidente. Sarà davvero artigianale come dicono?

I produttori italiani si battono tanto per far conoscere il prodotto made in Italy, e sul far riconoscere che l’Italia vanta veramente delle eccellenze, talvolta pero’ usando a sproposito una parola che secondo me potrebbe dare veramente quel punto in più ai nostri prodotti.

Mi piacerebbe che queste mie righe fossero uno spunto di riflessione  per imprenditori italiani a voler essere riconosciuti veramente come produttori artigianali, e non come una parola messa ovunque nelle insegne di ogni attività commerciale per attirare l’attenzione o vendere di più.

Una cosa volevo dirla però, se in Italia non c’è una vera identificazione per il food, sappiate invece che l’unico prodotto in Italia definibile veramente artigianale è la birra, a patto che non superi i 200.000 ettolitri di produzione annua e che sia non pastorizzata ne filtrata.

Spero queste parole vi aiutino a riflettere e a essere più critici e osservatori su quello che mangiamo, aspetto le vostre riflessioni e commenti.

 

Buona Lettura

 

 

 

 

 

 

 

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SMART WORKING

Se è vero che all’inizio lo smart working poteva essere un’opportunità sia per i lavoratori che per le aziende, è altrettanto vero la realtà è ben diversa in molti casi.A volte sembra che si voglia  semplificare la discussione con frasi  tipo “lo smart-working potrebbeessere la soluzione anche per il futuro “, “ più vicino alla famiglia si riescono a gestire meglio le problematiche, come ad esempio i figli” , “abbiamo notato in poche settimane più produttività da parte dei lavoratori”.

Molteplici sono le riflessioni fatte un po’ da tutti, lavoratori e datori di lavoro, se non che questo paradiso idilliaco sembra poi sfumare quando, passati 60 giorni in casa, si iniziano a rompere gli equilibri tra marito e moglie, o tra coinquilini, e i problemi vengono amplificati quando ci sono figli piccoli da gestire che sono iperattivi e si abituano ad avere la tua attenzione continua.

Vogliamo parlare delle conferenze on-line, interrotte a metà per la linea che va e viene, uno interrompe l’altro, si parla tutti insieme?  Gestire le telefonate quando uno parla da una stanza e l’altro nell’altra, o mentre i figli fanno lezione online?Per non parlare del fatto che lo smart-working porta a lavorare anche tutti i giorni senza orario e senza limiti.Quante volte mi è capitato di inviare una mail a un fornitore di domenica e ricevere poco dopo una telefonata, o gestire messaggi su whatsapp di clienti il giorno di Pasqua.Le situazioni di emergenza si gestiscono sempre, ma le amplificazioni e lo stravolgimento che ci ha portato  il covid-19, dove ci porterà?Vogliamo davvero dare il potere ad un virus di cambiare radicalmente la nostra vita ?

Sono certa che qualcosa cambierà,  è inevitabile, questo nemico invisibile ci ha messo in ginocchio, e di conseguenza per sopravvivere, dobbiamo adeguarci e risollevarci. La situazione è alquanto drammatica, è inutile creare illusioni, ma sono anche certa che prima o poi tutto questo finirà. La mia domanda, a parte il danno economico, sicuramente di primaria importanza, resta: quanto impatterà psicologicamente questo periodo su ognuno di noi? Quanto a lungo ne porteremo le cicatrici?

Ho posto questa domanda alla dottoressa Chiara Morini che oltre alla libera professione gestisce il suo blog trattando svariati argomenti, uno tra questi il covid-19. Il coronavirus è entrato nelle nostre case senza chiedere il permesso con tutta l’arroganza di un nemico invisibile e, per questo, ancora più pericoloso.Ha risvegliato il timore del contagio e dell’infezione.Ci ha obbligato a cambiare radicalmente abitudini limitando le nostre uscite, la nostra libertà di movimento ed espressiva, tenendoci lontano dai nostri cari. Siamo rimasti scioccati e increduli.Abbiamo dovuto imparare nuovi modi di comunicare, “collegarci” con gli altri, lavorare, studiare, intrattenerci.E’ certo che l’impatto è forte e sarà duraturo.Il tempo di ripresa dipende in parte da noi, come sempre. Da come elaboriamo la ferita e quindi ripartiamo. Non c’è vera ripartenza se si scappa dalla sofferenza. In psicologia è stato definito come il paradosso della sofferenza: se faccio di tutto per fuggire da quello che provo va a finire che soffro di più che se avessi accettato di stare in quell’emozioni. Quindi stare a non scappare, solo così poi si riparte! Con rinnovata fiducia e speranza, fieri della cicatrici che non indicano solo il taglio ma anche la guarigione.

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Made in Italy

Mangify nasce per dare valore alle piccole imprese che producono prodotti italiani al 100%, e non solo nasce per dare spazio a quelle piccole attività che hanno bisogno di visibilità, perchè normalmente  non hanno nè il tempo e nemmeno l’organico per poter essere ancora più presenti  nel mercato italiano se non quello locale.

La vita dei piccoli imprenditori è legata spesso da una passione per il prodotto, e nel tramandare di generazione in generazione il segreto per produrre un prodotto d’eccellenza.

Il bello delle piccole aziende è proprio questo, rafforzare le radici dell’azienda tramite le generazioni, continuando la tradizione a volte  avvalendosi delle nuove tecnologie senza stravolgere le ricette originali, arricchendo il panorama dei prodotti italiani.

Scriverei pagine intere continuando a esaltare i prodotti italiani, perché quando hai un progetto in testa, e lo devi realizzare, le vere fondamenta sono la sicurezza di ciò che vuoi e non vuoi, a prescindere da quello che pensano gli altri.

“Non sei nessuno”, ”ma tanto c’è Amazon”, “io su internet non compero”, ma quando l’idea è buona, e hai la  forza per poter argomentare la scelta e spiegare il prodotto, quello che dicono gli altri per te non conta.

Mangify è nata un anno fa, di strada ne abbiamo da fare veramente tanta, a piccoli passi ci prendiamo i nostri spazi, e cerchiamo ogni giorno di far valere le nostre idee e i nostri valori.

Ora, nel mezzo di questa pandemia da COVID-19 dove l’economia del paese è in bilico, c’è bisogno di chiarezza.

Non ci sono dubbi: le aziende devono tornare a lavorare, e i nostri prodotti devono continuare ad essere presenti anche all’estero, portare avanti la filiera del  made in Italy è importante perché crea credibilità negli altri paesi, e soprattutto possibilità di  business per tutta la filiera coinvolta.

Ma veniamo al punto: come mai solo adesso tra radio, televisione, social, non si fa altro sostenere fortemente quasi in tono perentorio  “comprate il made in italy”,  “non dimenticatevi delle aziende italiane“, per non parlare della politica e di tutti gli incentivi che solo ora saltano fuori, per lo meno narrati, per aiutare le aziende italiane comprando il made in Italy.

Non ci sono dubbi  che il Made in Italy vada valorizzato, ma non perché è arrivato il COVID-19 e l’economia italiana è in crisi , ma perché a prescindere dalla pandemia noi produciamo prodotti di qualità a 360 gradi, ed è per questo che siamo conosciuti anche all’estero.

Mangify  è un anno che dice acquistate prodotti italiani, e nel suo piccolo da spazio e valore a ogni azienda. Le aziende c’erano anche prima del COVID-19, non sono nate adesso, e da sempre producono seguendo regole igienico-sanitarie ferree e alti standard qualitativi, scegliendo con cura le materie prime a volte anche a scapito del prezzo concorrenziale di competitor stranieri.

Spero vivamente che questo Virus abbia portato un po’ di consapevolezza in tutti noi, un pochino di più di apertura mentale, per capire che a volte quello che abbiamo in casa va protetto e valorizzato.

Quindi noi di Mangify diremo sempre acquista il made in Italy, acquista prodotti di piccoli imprenditori, e torna ad acquistare nelle piccole botteghe.

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Con tre Click sei on-line

Proprio così: mentre il mondo fuori cercava di capire la reale situazione, all’improvviso il mondo della tecnologia incalzava, come se fossero già tutti pronti a illudere i commercianti che il mondo on-line avesse il potere di non spegnere le loro attività.

Ottima idea, non biasimo nessuno, chi ha questa opportunità lo faccia pure, ma siamo realisti, e con i piedi per terra: solo il fatto di essere online non fa diventare tutti come Amazon.

Mi fa rabbia questa situazione, e un po’ paura, a dire il vero. Mi fa paura come in un’attimo, siano fiorite sponsorizzate così impattanti sulla facilità del mondo online, illudendo i commercianti e portandoli a credere che fosse la soluzione per non chiudere le loro attività.

Se in parte può essere vero, credo che sia sconcertante come in un attimo le informazioni possano distorcere la realtà.

“La vendita online è il futuro”, e così ecco che scoppiano le offerte per la creazione di siti e app, “non è tutto finito  crea la tua app con lo  sconto del 50%” ,  “ porta online la tua attività crea il tuo sito professionale, ti aiutiamo noi”, contattaci avrai un sito online subito pronto per vendere , completamente gratuito” .

Queste frasi e tante altre ho visto tra le pagine social, e mentre scorrevo queste inserzioni, mi chiedevo: sarà tutto vero ?

Forse si forse no. Certo è che per un’attività che nasce online come Mangify, e con l’investimento fatto, sembra impensabile questa corsa alla vendita online come albero della cuccagna.

Fino a quando ti chiamano e ti chiedono “mi piacciono i prodotti di Mangify, mi fai da fornitore”, ovviamente non si dice mai di no a una potenziale vendita, ma per serietà delle aziende che forniscono Mangify, faccio domande di rito.

Che tipo di attività svolgi ? Da quanto sei nel mondo del food, hai un negozio, hai un magazzino, il tuo sito come si chiama, hai la SCIA (segnalazione di inizio attività), hai il SAB (corso di somministrazione alimenti e bevande)?

Le risposte sono svariate, e se da parte mia c’è solidarietà assoluta per queste persone, molte delle quali hanno dovuto chiudere la loro attività principale durante il lock-down, trovo incredibile che la risposta possa essere seguire il trend del momento,  ovvero aprire un sito internet per rivendere prodotti alimentari.

Fate attenzione: le informazioni sono completamente fuori controllo, e le persone che si illudono sono veramente tante. Aprire un’attività online non è un alternativa del momento, è complesso, ha molti rischi e molti costi, deve essere una scelta ponderata e principale, non alternativa e momentanea.

Io sono ben contenta che lo scenario si allarghi anche di tanta concorrenza, perché vorrà dire ripartire e far ripartire questa economia così provata, ma vorrei far riflettere tutte quelle persone che si avvicinano a questo mondo: non è facile e immediato come dicono, tutto ha un costo, perché se è vero che non si ha affitto da pagare, bollette ecc… gli stessi soldi li devi spendere in brand identity, che è l’insegna del tuo negozio online, marketing e nuovi progetti che permettano alle persone di conoscerti, e sempre più difficile, di fidarsi di te e del tuo prodotto.